Mi sono accorta che mi fido più di me stessa che degli altri. A me non dispiaceva fidarmi, ma ci sono rimasta talmente male che ora m'è cresciuta un'armatura sottopelle e arrivare al centro del mio cuore è impossibile, forse anche perché il mio cuore non c'è proprio più.
Comunque non pervenuto.
Ti non-scrivo qui. Guardarti mi fa venire un sorriso ebete, lo ammetto. Cercarti mi fa sentire stupida e questo non va bene. Avere a che fare con te è come fare una doccia gelata e bollente insieme. Non ci si può regolare. Ma nei rari momenti in cui arriva la temperatura giusta, cazzo è proprio perfetta e quegli attimi sono spettacolari.
Per questo non mi perito.
Non sono una zia (auntie). Non ti ho comprato niente stavolta. Ho dichiarato le mie intenzioni e i miei desideri. I miei limiti sono evidenti. I miei difetti li hai elencati tu. Anche i pregi. Gelata e bollente. Non ce la puoi fare. Hai già previsto come andrà a finire. Sarà meglio non darti torto.
Perché non dev'essere una sfida, dev'essere una passeggiata. O non essere.
Ma io non sono capace di andare piano, me l'ha ridetto anche stasera la persona più saggia capace di starmi vicina in questa fase. Non correre. E io corro. Non correre. E io corro. E allora saranno turbolenze e temperature sregolate, in linea coi tempi che comandano doppie stagioni (altro che mezze).
È che ora che sono arrivata a casa e sono stanca avrei molto bisogno di una serie di cose, la cui mancanza mi fa sentire vuoto intorno e vuota un po' anche dentro. Domani, dopo dormito, andrà meglio. Ai prossimi cinque o dieci chilometri di corsa, invece, andrà direttamente bene.