Ogni prima volta dopo la scomparsa è stata come un salto in un baratro. Come un tuffo nell'abisso.
Non ho voluto: che calasse il sole; che scendesse la pioggia.
Fermati,
pioggia,
non scendere,
non vedi che non siamo pronti?
Vedi che non c'è, pioggia,
aspetta che sia qui.
Poi
potrai cadere.
Non ho voluto: che il tempo passasse.
Ho avuto paura, paura, paura del tempo che passava.
Fermati,
lancetta,
non vedi che non siamo pronti?
Non ho voluto: scendere dal letto; scendere le scale.
Come se dopo il letto ci fosse uno scosceso e dopo la porta uno strapiombo.
La prima spesa, il primo viaggio in auto, il primo sacchetto di indifferenziato, e di organico, e di plastica, e di carta.
La prima spremuta di arance. Il primo caffè americano.
La prima pastasciutta. La prima lavastoviglie. La prima lavatrice. La seconda. La terza.
Se n'è andato così in fretta che lasciato tanti panni da lavare, i suoi peli dappertutto, le tracce della sua scomparsa ovunque.
Ma è normale che chi scompare lasci tracce della sua scomparsa?
La prima passata di aspirapolvere.
Il primo cencio in terra.
Il primo fuoco al camino.
Il primo albero di Natale.
Le prime luci alla porta.
Sono morta.
E questo è il posto dove mi seppellisco
prima di rinascere.