Ti sono vicinissima e vedo la tua faccia deforme. Il naso minuscolo, appena accennato, la bocca strettissima. Gli occhi quasi chiusi. Ti ho sognato, ho sognato la versione reale di te: quella deforme, quella che non riesce a sentire, a vedere, a dire. La versione di te che però forse hai riservato solo a me. E alle mie figlie, ovviamente.
Alle altre, agli altri, serbi una versione di te amorevole, affettuosa, docile. Quella che ti serve per continuare a mantenere la tua reputazione.
Tu sei la parte morta di me.
C'è una me morta nelle fotografie in casa mia, nei miei ricordi, nei ricordi di chi mi vuole bene. C'è una me morta che non rinascerà. Non lo sapevo.
C'è una me viva che non ti vuole dire più niente. Nemmeno questo sapevo.