Sentivo che questo passo avrei potuto farlo. L'ho fatto. Mi ha fatto male. Non avevo calcolato che tu mi avresti risposto "Grazie" e mi sono chiesta di nuovo come stai. Non devo volerlo sapere. Non è più un mio problema. Devo uccidere tutta la mia tenerezza, devo buttare via tutto il perdono, devo rinfocolare la mia spavalderia.
Respiro.
In realtà sono sollevata. Ho fatto questo passo, mi ha fatto male, ma mi ha anche liberata. Ormai alle sensazioni assolute ci ho rinunciato. Niente è soltanto negativo, niente è soltanto positivo. È che ora avrei bisogno di potermi accoccolare da qualche parte e invece arriva la gatta, si accoccola lei, si addormenta sulle mie gambe incrociate e sono io che vorrei essere lei, e invece sono me.
Quante volte ho rispiegato tutto da capo oggi. Abbiamo festeggiato ancora la piccina, è stata una festa molto bella. Continuo ad accorgermi di essere circondata da persone che mi vogliono bene, eppure è molto faticoso rispondere. Ormai ho imparato a dire "Bene" quando mi chiedono "Come va?". Perché rispetto a prima è vero, va bene. Me la gioco così.
Ma alla frase "Ti vedo un po' smunta" non so come rispondere. Tocca rammentarti. Sapessi la delusione nei loro occhi. Mi fa male, anche se non ce l'hanno con me, fa male a me. Tutto il perdono di cui sono capace, dov'è? Tutto il perdono che serve, dov'è finito? Mi serve il perdono, mi serve tantissimo, perché se non ti perdono non posso stare bene e io voglio stare bene. Ma come lo trovo, con questi occhi intorno?
Il silenzio mi salverà. Stare chiusa in casa quando avrei voglia soltanto del rumore e della folla mi salverà.
Andare a dormire e accettare che finisca questa giornata mi salverà.
E le voci mi salvano.
E io salverò la mia.