Ho cucinato le cime di rapa. Ho tolto i gambi e ci ho versato la cecina che avevo preparato e fatto riposare. Ho tolto la schiuma dal composto, come suggeriscono le migliori ricette. Ho salato tutto giusto.
Fa' come se non esistessi.
Non posso. Non posso perché non voglio. Lasciami accettare i miei rischi, lasciami stare. E invece hai scelto la strada della ferita preventiva. Ma così mi rifinisco, non lo vedi? Non sono arrabbiata, sono solo un po' triste e quando mi chiedi scusa mi sento sollevata. Il niente che non facciamo insieme e il bene che ti do sono esattamente quello che mi serve e sono cose preziose.
Non mi importa nulla di molte cose, voglio che tu sia più libero possibile, voglio che siamo liberi anche di dirci che la libertà non è una ricerca ossessiva di qualcosa. A volte la libertà è anche la libertà di non fare niente per un po'. Si torna lì, al niente. Necessario quanto tutto il resto, qualsiasi cosa sia il resto. Il niente.
Ci salutiamo e io provo a cambiare di nuovo faccia e dopo un po' penso che anche per te potrebbe essere la stessa cosa. Cazzo anche te esisti. Questo non era previsto. Ci salutiamo e io sono una me che non conosco più. Un'altra volta. Basta. Voglio restare quella che sono, voglio che sia tutto semplice, almeno per un po', potreste per favore farmi fare qualcosa di semplice, almeno per oggi, eh?
Corro. Corro più del solito e mi imbarazza correre davanti ad altre persone, ma lo faccio. Ascolto la musica che mi comanda il passo. Ogni tanto ballo. Da sola, nel mezzo alla gente.
Guarda questa esaurita, penseranno le madri, le nonne, le donne, gli uomini, i ragazzi, i vecchi, i passanti, le biciclette, le tartarughe nel laghetto, quelli laggiù che tutti i sabati giocano a una specie di baseball e sembrano usciti da "Eravamo dei grandissimi" di Clemens Meyer, ma non siamo a Lipsia e non sono gli anni Ottanta e non si picchiano e non sono nemmeno adolescenti, a pensarci bene non sembrano per niente usciti da lì.
Corro e poi corriamo di nuovo ed è oggi, è oggi il giorno del lievito. Faccio un po' di ritardo ma poi riesco a far incontrare la Bea con Simona. Mentre beviamo mi entusiasmo per ciò che le unisce e ciò che le rende diversissime e sono felice di averle fatte incontrare. Il giorno del lievito in una borsina rosa, quel pezzo di scotch con la scritta del mio nome seguita da un cuore l'attaccherò in cucina a ricordarmi che posso essere ancora un pensiero tenero per qualcuno.
Ma cosa vai a pensare, è ovvio che è così. Lo so.
"Il gesto finale prima dell'abbandono"
Quindi c'è un gesto finale, prima di un abbandono. Ecco. E il tuo qual è stato? Certo. Dirmi che avresti comprato una casa con me. Farmi dire "Sono felice". E ora mi ritrovo con sparizioni improvvise ovunque, presunte o reali. Tu non sei più un fantasma, non ti penso mica tanto, sai, ma ci sono fantasmi ovunque, tutto il male che mi hai fatto è dappertutto e qualsiasi cosa non mi piaccia mi sembra un baratro.
Fanculo tutti i freudiani della Terra, mi fa male, non voglio più scavare in questa cosa, mi fa male e basta.
Ricalcolo tutto, va bene. Ricalcolo tutto da capo.
Tutto da capo.
Tutto.
Da capo.
Ma tutto cosa.
Io non avevo bisogno di farti male. Ma perché tu invece hai avuto bisogno di farne a me?